Due anni fa scoppiò la mania della parola "petaloso". Come forse ricorderete, l'aggettivo era stato usato da un ragazzino a scuola. La cosa migliore da fare sarebbe stato semplicemente dire al ragazzino che la parola in italiano non esisteva. Alla maestra, però, la parola era piaciuta e così aveva pensato di scrivere all'Accademia della Crusca. La Crusca aveva risposto dicendo che era una "parola ben formata" e spiegando che una parola comunque entra nel vocabolario quando diventa di uso comune. La risposta era arrivata ai giornali che l'avevano fatta apparire come una specie di approvazione dell'Accademia, che in realtà aveva semplicemente risposto in modo cortese e simpatico dando una spiegazione in termini semplici e adatti ai ragazzini, ed era scoppiata la mania, anche un po' diseducativa: in fin dei conti, veniva "premiato" un ragazzino che aveva fatto un errore invece che quelli che avevano scritto correttamente (sia chiaro: non è una critica al ragazzino, eh: lui ha fatto un'uscita simpatica, come spesso fanno i ragazzini).
"Petaloso" è stata una mania per un breve tempo e poi è stato dimenticato. Ora la usa solo Beatrice Lorenzin ;)
Se ne parlo ora nel blog è per citare l'autorevole parere che il Bristolone, su mia richiesta, aveva dato sull'aggettivo: "E' come la parola Orsetto: una cosa che non si può sentire."
PS: Per completezza, diciamo che, come segnala il vocabolario Treccani, "flore petaloso" (in latino, al nominativo sarebbe "petalosus, -a, -um") era già stato usato a fine Seicento dal botanico James Petiver e anche in italiano c'è almeno un'attestazione precedente al ragazzino: Michele Serra su "Panorama" nel 1991 aveva parlato di fiori "troppo petalosi". Ma Serra non aveva avuto il successo del ragazzino.
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