Giulia Corsini, veterinaria di professione, ha scritto un bel libro nel quale affronta, con passione, competenza e acume da debunker, vari temi legati al mondo degli animali. Il titolo è Salvare gli animali ed è stato pubblicato nel febbraio del 2024 da Utet. Ho fatto qualche domanda a Giulia.
Giulia con la sua gatta Pratolina
Mi sembra che un leitmotiv del tuo libro sia che per “salvare gli animali” bisogna, per cominciare, conoscerli, per le cure veterinarie, ma non solo. Un approccio emotivo non appoggiato sulla conoscenza dell'animale e del contesto può avere anche effetti negativi, come nel caso di chi, con l'idea di “salvare” lo scoiattolo grigio mette in realtà a rischio lo scoiattolo rosso.
Esatto: il mio libro sottolinea l'importanza di una conoscenza approfondita, senza certo sottovalutare l’importanza dell'emozione. Voglio sottolineare che l’emozione in una qualche misura è sempre “la molla”, è cruciale tuttavia non fermarsi a questa prima spinta emotiva ma sfruttarla, piuttosto, per procedere verso un'analisi approfondita della situazione. Si può dire dunque che se l’emozione è la spinta, la ragione dà la direzione. Ciò implica riconoscere e affrontare la complessità delle situazioni in cui le nostre azioni hanno luogo, avere il coraggio di affrontare la realtà con tutte le sue difficili implicazioni, le sue scomode verità, e le sue scelte difficili, soprattutto quando queste coinvolgono dilemmi ecologici o etici, come decidere se proteggere scoiattolo rosso nativo o lo scoiattolo grigio invasore che ne minaccia la sopravvivenza.
Uno dei casi più complessi è quello del lupo. Come conciliare la conservazione della specie con la tutela del bestiame (e anche delle persone: per quanto gli attacchi di lupi a umani siano poco probabili, non sono impossibili)?La questione della convivenza tra lupi, bestiame e umani è una delle sfide più complesse in tema di conservazione delle specie e gestione del territorio. Le strategie di gestione spesso si basano su un equilibrio precario e, talvolta, su un compromesso imposto principalmente dalle esigenze e dalle percezioni di chi non vive al momento direttamente il problema, ovvero le popolazioni urbane, che sono la maggioranza. Per questo ho portato il punto di vista di un allevatore il cui prezioso cane è stato ucciso da un lupo.
Certo, anche la sensibilizzazione e l'educazione delle comunità locali riguardo al comportamento dei lupi e le strategie di coesistenza pacifica sono fondamentali, ma sarebbe anche necessario rimuovere gli individui confidenti.
La crescita della popolazione dei grandi predatori e i loro crescenti movimenti verso aree più urbanizzate suggeriscono una possibile revisione delle probabilità di interazioni — e talvolta conflitti — con gli esseri umani: a seguito dell’aumento di rischi e incidenti in ambito urbano, cambierà la sensibilità e l’approccio al problema.
Giulia con il suo gatto Hopek e un coniglio
Nel libro parli anche di conservazione delle razze domestiche caratteristiche delle varie zone, anche quando sono diventate poco convenienti dal punto di vista produttivo. Ritieni che siano comunque da mantenere in esistenza? E come si può fare, se gli allevatori hanno intenzione di puntare su razze più produttive?
Sicuramente esiste un aspetto che viene già menzionato nel libro, ovvero gli sforzi di mantenere la biodiversità zootecnica e in particolare queste razze rustiche autoctone non è soltanto una questione di preservazione culturale o ecologica, ma si configura, strategicamente, come un vero e proprio "piano di back-up". In un'epoca caratterizzata da incertezze globali, tra cui le fluttuazioni economiche e le crisi ecologiche, l'idea di affidarsi esclusivamente a razze super produttive, che pur offrendo alti rendimenti sono estremamente delicate e dipendenti da interventi umani intensivi, potrebbe rivelarsi a lungo termine una strategia rischiosa. L'importanza di preservare tali razze diventa ancora più evidente in un mondo globalizzato, dove la diffusione di pandemie e altre crisi sanitarie può essere accelerata proprio dalla mancanza di diversità genetica.
Un esemplare della razza suina Mora romagnola
Un caso diverso può essere quello di alcune razze di cani. Nel libro tu ricordi che alcune razze di cani a muso corto hanno problemi di respirazione. Di recente un articolo del “Guardian” ha riferito un appello (peraltro non nuovo) a non scegliere cani con questa caratteristica per contribuire a una riduzione dell'allevamento e commercio. Cosa ne pensi?
Qui nel Regno Unito da alcuni anni noi veterinari sosteniamo intense campagne di sensibilizzazione.
I problemi di salute di queste razze a muso corto sono molti. Innegabili i problemi di respirazione, poiché hanno una ridondanza di tessuti molli mentre il cranio è piccolo. Quindi abbiamo palato molle lungo, narici strette, tutto ingombra il passaggio d’aria. I cani quando devono disperdere calore, a differenza nostra che sudiamo, ansimano. Immagina uno di questi animali nello sforzo immenso che fa per ansimare, finisce invece per produrre più calore. Quindi vedo spesso questo genere di animali in emergenza, vuoi per colpi di calore estivi, vuoi per polmonite ab ingestis. Poi ci sono le ulcere corneali, perché hanno gli occhi sporgenti. Le dermatiti tra le pieghe della pelle. Poi ci sono problemi ortopedici, spinali. Insomma, sono cani fatti male.
Esiste tuttavia qualcosa di più profondo che si riflette nelle forme e nell'estetico: le caratteristiche neoteniche del brachicefalo (ovvero quelle che ricordano l'infante umano) stimolano in noi il desiderio di proteggere, il Nobel ed etologo Konrad Lorenz scriveva che “gli esseri umani provano un particolare affetto per animali dagli aspetti infantili: occhi grossi e tondi, un piccolo viso rispetto al cranio grande, la mascella poco sviluppata”. In questo contesto, ho dedicato un intero capitolo ai cani brachicefalici, iniziando dal profondo affetto che i loro proprietari provano per loro, per poi passare ad un'analisi più critica basata sulle mie conoscenze cliniche veterinarie.
Nel Regno Unito il fenomeno dei cani cosiddetti brachicefali (a muso corto) ha avuto un calo sensibile nell’ultimo anno. Penso dunque che stiamo andando nella giusta direzione, e che bisogna continuare a sensibilizzare. In futuro si potrebbe considerare l'eliminazione di tali razze, ma forse è una soluzione troppo radicale. Forse un’altra strategia più equilibrata potrebbe essere quella di spingere per una maggiore revisione degli standard di razza, promuovendo individui sani con forme anatomiche funzionali, combattendo seriamente il fenomeno del “backyard breeding” ovvero quello degli allevatori illegali, che vendono i cuccioli senza pedigree, e quindi non sono sottoposti ad alcun tipo di controllo.
Giulia in abiti da lavoro.
Un tema che accende molti animi: la sperimentazione animale.
Nel mio libro esploro un ambito piuttosto atipico della sperimentazione animale, che include studi su bombi, api, pulcini e pesci arcieri e zebrati. Il laboratorio del professor Vallortigara, dove ho avuto l'opportunità di osservare queste ricerche, si dedica principalmente allo studio della mente animale. In particolare, una delle linee di indagine si concentra su quello che potrebbe essere considerato l'a priori kantiano nel contesto cognitivo degli animali: strutture preesistenti che regolano il processo cognitivo. Questo suggerisce che la mente, sia animale che umana, non è una tabula rasa alla nascita; piuttosto, l'apprendimento tramite esperienza avviene solo perché il sistema nervoso è già predisposto con strutture che lo facilitano. Il libro affronta anche il classico tema di cosa sia un modello scientifico e le normative rigorose che regolano la sperimentazione animale, riflettendo su come lo statuto morale degli animali possa variare notevolmente a seconda del contesto. Per esempio, se i ricercatori tenessero ipoteticamente un pesce arciere come semplice animale ornamentale in una boccia di vetro spoglia, potrebbero portare avanti le loro osservazioni senza particolari intralci, in maniera molto simile a quello che faceva Lorenz. Tuttavia, la situazione cambia drasticamente quando questi stessi pesci sono utilizzati in esperimenti comportamentali all’interno di un laboratorio. In questi casi, la legislazione richiede che i ricercatori specifichino il "livello di sofferenza" inflitto agli animali, con "lieve" come limite inferiore, comunemente associato al dolore di una puntura di ago. Questo solleva questioni complesse: come valutare la sofferenza di un animale che non viene neppure toccato? Esiste dunque una discrepanza notevole nel modo in cui gli animali sono percepiti e trattati in base alla categoria a cui appartengono.
La normativa italiana si basa anche una concezione profondamente sbagliata quando parla di “sviluppo neurologico superiore o inferiore” è più corretto dire che i cervelli si sono sviluppati in maniera differente a seconda delle possibilità, e che tutti si sono ugualmente evoluti.
Un altro tema che ti è valso qualche flame: gli animali nei circhi. Qual è la tua valutazione sulla situazione degli animali già presenti nei circhi e sull'opportunità o meno di proseguire ad averli?
In merito alla questione degli animali nei circhi, la posizione che sostengo è fermamente ancorata a un approccio pragmatico e basato su evidenze. Occorre riconoscere che gli animali cresciuti all'interno dei circhi si trovano in una situazione particolare, in cui la loro ricollocazione potrebbe non essere la soluzione ottimale. Sul fronte scientifico, è essenziale richiamare l'attenzione sulla necessità di studi non compromessi da interessi esterni. Le decisioni sul futuro degli animali dei circhi devono basarsi su ricerche sul benessere degli animali condotte con integrità, evitando quei conflitti che hanno in passato portato a risultati di dubbia autenticità, come emerso su Witness Directory (An expert witness on foxhunting and animal welfare accused of “misrepresenting science” - 2018, 31 agosto) e su “The Telegraph” (Foxhunting prosecution professor “misrepresented science” - 2018, 11 agosto) e in Twisting the science to ban animals with circuses, in “Journal of the Elephant Managers Association”, 29(2), pp. 65-67 di Ted Friend. Si parla del prof. Stephen Harris, le cui review sui circhi sono state criticate dagli scienziati citati nella stessa review che hanno condotto gli studi di campo nei circhi. Nonostante questo, le review di Harris sono ancora impiegate per portare avanti il divieto degli animali dei circhi, ignorando quello che dicono le ricerche di campo.
Sulla base delle review di Harris, la Federazione dei Veterinari Europei (FVE) raccomandava l’eutanasia agli animali del circo che non potessero essere riallocati nei santuari e nei centri di
recupero (NB: non ci sono review sul welfare animale che valutano queste ultime strutture).
L'occhio dell'elefantessa Buba (citata nel libro).
Nel libro fai riferimenti non solo alla letteratura scientifica, ma citi anche altre opere. Quali romanzi con animali consigli?
Come romanzi puri di animali suggerisco il classico “Creature grandi e piccole” di James Herriot e “ lo zoo di Roma” di Pascal Janovjak, che seppure sia un romanzo ha degli elementi molto accurati dal punto di vista storico. Ma consiglio anche alcuni saggi che tengono un tono abbastanza narrativo, che mi son piaciuti molto, come “Ascesa e Caduta dei dinosauri” di Stephen L. Brusatte e “Darwin va in città: Come la giungla urbana influenza l'evoluzione” di Menno Schilthuizen, parlano esperti che navigano con passione nel proprio campo. Poi abbiamo alcuni libri difficili da catalogare, un mix di biografie/autobiografie e saggi come “I pesci non esistono” di Lulu Miller, che traccia un parallelismo tra la sua vita complicata e la tassonomia, e poi “L'arte di collezionare mosche” di Fredrik Sjöberg, che è pure divertente, un entomologo che colleziona sirfidi e parla di Malaise, che ha inventato la famosa trappola per catturare insetti. Infine abbiamo una biografia “La signora dello zoo di Varsavia” di Diane Ackerman di cui mi ha stupito, oltre che la capacità narrativa, la sensibilità della scrittrice nei confronti degli animali e la fine descrizione dei loro comportamenti, tanto che mi sembrava di essere tornata a visitare il circo.
Qual è il tuo animale preferito?
I gatti, per la personalità e la loro intrinseca eleganza, i capibara per la natura tranquilla e socievole.
Petteri, gatto di Giulia.
Grazie a Giulia per l'intervista (e per le immagini)!