domenica 13 dicembre 2020

Teqball: intervista a Zsanett Janicsek

In questa puntata della serie sugli sport insoliti e sulle atlete che li praticano parliamo di teqball con Zsanett Janicsek (ZS si pronuncia come la J in portoghese e in francese, CS come la C in "ciao", la J come la I in "ieri").



Ciao, Zsanett. Vuoi presentarti ai lettori del nostro blog?

Mi chiamo Zsanett Janicsek e sono una giocatrice professionista di teqball ungherese. Ho 24 anni e studio chinesiologia umana all'Università ungherese di educazione fisica di Budapest.

Precisiamo che la chinesiologia umana è lo studio scientifico dei movimenti del corpo e non c'entra niente con la kinesiologia applicata che è, invece, una roba pseudoscientifica. Invece cos'è il teqball lo lasciamo dire alla nostra campionessa.

Il teqball è uno sport basato sul calcio. E' un incrocio tra ping pong e calcio. Si gioca su un tavolo curvo e i giocatori possono toccare la palla con qualunque parte del corpo eccetto mano e braccia. Si gioca uno contro uno o due contro due.

Zsanett ai  Mondiali di teqball del 2019.
Lo slogan "World is curved" che si vede
 sullo sfondo allude al tavolo curvo del teqball.

Come hai conosciuto questo sport?

Il teqball è stato inventato in Ungheria, così ho avuto la fortuna di conoscere presto questo sport con l'aiuto di una mia amica che lavora nel campo del teqball. Quando ho provato a giocare a teqball per la prima volta è stato davvero difficile, ma l'ho adorato e ho deciso di impegnarmi sul serio.

Ci fai un riassunto della tua carriera di giocatrice di teqball?

Ho cominciato a giocare a teqball nel 2017 e il mio più grande successo è senza dubbio il secondo posto ai Mondiali del 2019 nella categoria doppio misto con il mio compagno Csaba Bányik (CS è come CH in inglese e NY come la Ñ in spagnolo). Prima dei Mondiali, io e Csaba siamo arrivati primi nel campionato nazionale ungherese. Nel 2020 ci sono state meno gare a causa del Covid-19, ma a marzo c'è stata la Challenger Cup femminile e sono arrivata seconda nel singolare. Settimana scorsa è finito il campionato nazionale ungherese e sono arrivata prima diventando la campionessa ungherese nel singolare femminile.

Il podio del doppio misto ai Mondiali.
Zsanett è la seconda persona da sinistra sul podio.
Alla sua sinistra il compagno di squadra Csaba Bányik
che sportivamente regge la bandiera dei vincitori brasiliani.
Quello con la felpa arancione a destra è Ronaldinho.

Quali abilità richiede il teqball?

E' uno sport che richiede abilità tecniche di alto livello. Devi usare bene tutte le parti del corpo se vuoi essere un giocatore completo. Oltre a questo sono essenziali l'attenzione, la pazienza e la capacità di concentrazione.

Pratichi altri sport?

Gioco anche a futsal a livello agonistico nella prima divisione del campionato nazionale ungherese. Nel tempo libero mi piace fare boxe e in inverno adoro lo snowboard.

Grazie a Zsanett per l'intervista (e per le foto).




Le precedenti puntate:
15 maggio 2020: cheese-rolling, con Keavy Morgan
5 giugno 2020: bog snorkelling, surf livesaving e hockey subacqueo, con Dineka Maguire
8 giugno 2020: logrolling, con Livi Pappadopoulos
16 giugno 2020: fierljeppen, con Marrit van der Wal
23 giugno 2020: cuccagna orizzontale, con Glenda Fior
29 luglio 2020: lacrosse, con Dominò Giancarlini

venerdì 23 ottobre 2020

Arti marziali

Il karaoke è la sua occupazione preferita, ma al Bristolone piacciono anche le arti marziali. Ma riuscirà a praticarle senza farsi male da solo?


martedì 20 ottobre 2020

Volontariato razionalista

Facebook mi mostra un gruppo di reiki. Visto che me lo trovo lì davanti, prendo allora l'occasione per ricordare che, pur se gli vengono attribuite proprietà terapeutiche, il reiki non ha in realtà nessuna utilità per nessuna patologia come dimostra una revisione sistematica dei trial clinici.

L'amministratore della pagina interviene dicendomi: "guardi non c'è nessun obbligo... se la cosa non le interessa non deve dare nessuna spiegazione".

Sì, lo so che non ho nessun obbligo, ma lo faccio come volontariato. :)



domenica 2 agosto 2020

L'utilità della scienza

Gabriele deve ancora apprendere l'uso della punteggiatura, ma conosce l'utilità delle conoscenze scientifiche nella vita di tutti i giorni.


mercoledì 29 luglio 2020

Lacrosse: intervista a Dominò Giancarlini

In questa puntata della serie sugli sport meno conosciuti parleremo del lacrosse. Ho per questo intervistato Dominò Giancarlini, giocatrice della squadra di Roma e della nazionale italiana.

Ciao, campionessa. Vuoi presentarti ai lettori del blog?

Ciao, mi chiamo Dominò, ho ventisette anni e sono di Roma, sono centrocampista nella Roma Leones Lacrosse. Oltre ad essere una giocatrice sono anche allenatrice del settore giovanile della mia squadra, settore però ancora in via di sviluppo.


Il lacrosse è uno sport poco conosciuto in Italia, ma anche il tuo nome non è molto comune. Da dove viene?

Il mio nome è preso da un film di 007, Dominò era una Bond girl nel film “Thunderball - operazione tuono”.

Il mio amico Luigi De Conti, esperto di cinema, sicuramente lo sapeva (e colgo l'occasione per ricordare che è uscito il suo nuovo libro Morte sul Rainier). Ma torniamo al lacrosse.

Il lacrosse è il gioco sacro dei nativi americani, una volta chiamato Baggataway. Questo gioco era un'antica forma di guerra e veniva utilizzato per risolvere le dispute tra le varie tribù indigene. Ovviamente noi giochiamo alla sua versione moderna, si gioca con una stecca alla cui estremità vi è un retino (chiamato pocket, tasca) con cui si  passa la palla (di gomma piena e pesa circa 150 grammi).  Lo scopo è quello di fare goal ovviamente. Si gioca in entrambi i casi 10 contro 10 (le regole sono cambiate prima noi donne giocavamo 12 contro 12) in un campo più grande di quello da calcio e si può giocare anche dietro la porta, come nell'hockey. La versione femminile è diversa rispetto a quella maschile e quindi ha anche regole diverse. Infatti il maschile è uno sport di contatto mentre nel lacrosse femminile il contatto fisico è minimo.

Quindi il lacrosse giocato dai maschi è un po' più rude, come l'hockey, mentre il vostro è più tecnico?

Esatto. Inoltre noi, a parte il portiere, abbiamo tutte le stecche uguali. I maschi invece per la difesa, per dire, hanno la stecca lunga 1 metro e 80 ahaha. Cambia anche la pocket cioè la tasca con cui si tiene la palla. La loro è più profonda perché c'è contatto fisico. Noi siamo più tecniche.
Non si gioca misto. O se proprio vuoi fare un allenamento si adottano le regole femminili. Noi ogni tanto ci alleniamo con i ragazzi. facciamo la parte atletica e se magari facciamo una partitella a mo' di partitella di oratorio non giochiamo con le regole maschili. Anche perché i maschi quando giocano indossano varie protezioni: casco, guanti paradenti, pettorina, gomitiere, parapalle. Noi invece obbligatorio il paradenti e se proprio vuoi mascherina per gli occhi (si chiamano goggles).

Dominò (a destra) in azione con la stecca del lacrosse.

Tu come hai conosciuto il lacrosse?

Ho conosciuto il lacrosse per caso. A 16 anni sono andata a studiare in America per fare l’anno scolastico. A settembre bisognava scegliere le varie attività extrascolastiche e io, che giocavo a pallavolo da anni, avevo scelto quello sport come attività invernale. Per la primavera invece non sapevo cosa scegliere e a un certo punto ho letto ad alta voce “lacrosse?” e un ragazzo dietro di me mi ha detto “ provalo, provalo! E’ veramente figo” e così ho messo lacrosse. E’ arrivato marzo e in America funziona così: tu scegli uno sport e loro devono comunque selezionarti facendoti fare una prova. Vado a questa prova e le allenatrici mi dicono: “Sicura di non averci mai giocato?". E’ iniziato tutto così.

Cosa ti ha fatto appassionare al lacrosse?

Amo di questo sport la sua dinamicità ma più di tutto il fatto di essere uno sport inusuale.

Ci fai un riassunto della tua carriera sportiva?

Come dicevo prima ho giocato una stagione nella squadra varsity del liceo americano che ho frequentato, poi sono tornata in Italia e avevo scritto alla squadra della mia città, perché in tutto ciò avevo fatto delle ricerche e avevo scoperto che in effetti a Roma c’era una squadra di lacrosse. Avevo 17 anni. Alla fine sino a 20 anni ho continuato pallavolo, sino a quando una sera con il mio ex fidanzato non abbiamo incontrato una giocatrice della mia attuale squadra (Roma Leones Lacrosse). Sono subito andata agli allenamenti e ora gioco con loro da ben 7 anni. Viaggio tantissimo per giocare : infatti ho giocato in un sacco di nazioni europee e non. Ho giocato in un sacco di tornei e ho conosciuto tantissimi appassionati come me di questo sport meraviglioso!! L’anno scorso ho disputato gli europei di lacrosse femminile e spero l’anno prossimo di essere selezionata per i mondiali che si giocheranno negli USA.

Dominò (la prima a sinistra) con le compagne di squadra.

Quali sono le caratteristiche per essere una valida giocatrice di lacrosse?

Credo che tutti possano giocare a lacrosse. È chiaro però che non tutti abbiamo le stesse peculiarità in cui spicchiamo di più e ognuno di noi è predisposto più per un ruolo che per un altro. Nel lacrosse i ruoli sono: portiere, difensore, centrocampista e attaccante.
Il lacrosse è uno sport di corsa quindi è molto veloce, si devono avere resistenza, velocità e agilità. Ma sono tutte caratteristiche che con una buona preparazione atletica possono essere acquisite.
i difensori devono essere molto forti fisicamente e il portiere deve essere una persona con una buona dose di coraggio perché è un ruolo che inoltre richiede molta tempra mentale.
Io gioco come centrocampista o attaccante… dipende. Per giocare a centrocampo bisogna essere molto resistenti per correre più di tutti in campo, avere delle buone skills con la stecca perché il suo ruolo è quello di far transitare la palla della difesa all'attacco (e ovviamente difende e attacca). Per giocare in attacco invece bisogna avere un buon tiro, velocità e non per ultimo tanta visione di gioco.

Ringrazio la Bond girl del lacrosse per questa intervista.
Se non le avete già lette, potrebbero interessarvi anche le precedenti puntate sugli sport strani:
15 maggio 2020: cheese-rolling, con Keavy Morgan
5 giugno 2020: bog snorkelling, surf livesaving e hockey subacqueo, con Dineka Maguire
8 giugno 2020: logrolling, con Livi Pappadopoulos
16 giugno 2020: fierljeppen, con Marrit van der Wal
23 giugno 2020: cuccagna orizzontale, con Glenda Fior

martedì 23 giugno 2020

Intervista a Glenda Fior

L'albero della cuccagna è una tradizione ben conosciuta. I partecipanti a questo gioco, per vincere, devono raggiungere l'estremità di un palo cosparso di grasso o altra sostanza che rende ardua l'avanzata. Normalmente il palo è posto in verticale e ci si deve arrampicare. Alla cuccagna di Boffalora sopra Ticino, invece, il palo si allunga orizzontalmente sopra il Naviglio Grande nelle cui acque finisce chi perde la presa. Al termine del palo c'è una bandiera e il primo (o la prima) che arriva a prenderla vince la gara. Nel 2018 la vincitrice è stata Glenda Fior. Facciamo due parole con lei.

Glenda avanza sul palo della cuccagna.
Questa foto e le seguenti sono di Maurizio Genna.

Ciao, Glenda. Vuoi presentarti ai nostri lettori?

Sono Glenda Fior, ho 21 anni e sono una studentessa.

Pratichi qualche sport?

Faccio ginnastica artistica da quando avevo 3 o 4 anni.

Sei la vincitrice dalla cuccagna di Boffalora sopra Ticino del 2018. Ci parli di questo evento e della tua vittoria?

La cuccagna è una manifestazione che ogni anno si svolge nel mio paese. La faccio più o meno da 5 anni. Per poter partecipare bisogna essere residenti. Normalmente la cuccagna si vince camminando sul palo e prendendo la bandiera alla fine di questo. Vince chi riesce a prendere la bandiera, non c’è un tempo fisso. Il palo è pieno di grasso quindi la prima parte della gara consiste nel camminare sul grasso e di conseguenza toglierlo. Anche sulla bandiera c’è il grasso quindi è difficile afferrarla. Solitamente dura un'oretta. Io mi sono seduta verso la fine del palo e stavo per cadere, mi sono aggrappata e ho continuato fino alla bandierina a testa in giù (con una foto di capisce meglio). Sono contenta di aver partecipato perché sono stata la prima ragazza a vincerla!





Grazie a Glenda per l'intervista e grazie a Maurizio Genna per le sue bellissime foto della gara di Glenda.
Se non le avete già lette, potrebbero interessarvi anche le precedenti puntate sugli sport strani:
15 maggio 2020: cheese-rolling, con Keavy Morgan
5 giugno 2020: bog snorkelling, surf livesaving e hockey subacqueo, con Dineka Maguire
8 giugno 2020: logrolling, con Livi Pappadopoulos
16 giugno 2020: fierljeppen, con Marrit van der Wal



martedì 16 giugno 2020

Intervista a Marrit van der Wal

C'è un'asta in piedi in un canale d'acqua. Il concorrente, o la concorrente, prende la rincorsa, salta, afferra l'asta, che cade verso la sponda opposta. Arrampicandosi sull'asta in caduta, si cerca di toccare il suolo il più lontano possibile. Questo strano sport, che è una tradizione in Frisia, è chiamato fierljeppen. Ne parliamo con Marrit van der Wal, che detiene il record mondiale femminile in questo sport, avendo saltato 18 metri e 19 centimetri.

Ciao, recordista. Vuoi presentarti ai lettori del blog?

Mi chiamo Marrit van der Wal, ho 21 anni e sto facendo un master in tecnologia idrica. Vivo in un piccolo paese della Frisia (Paesi Bassi) chiamato It Heidenskip, luogo di terra, vento e acqua.


Come ti sei avvicinata al fierljeppen?

Mio padre praticava questo sport, così già da ragazzina ho cominciato a farlo con lui. Quando ho compiuto nove anni ho potuto cominciare ad allenarmi con gli amici delle scuole elementari. Dato che è uno sport di nicchia, è una scelta naturale quella di andare a gareggiare con gli amici.

Parlaci delle tue vittorie e del record mondiale che detieni.

Dopo diversi anni, il lavoro duro compiuto ha cominciato a dare frutto e a 16 anni ho fatto il mio primo record della Frisia. Negli anni seguenti sono diventata la prima donna a superare i 17 metri. Sfortunatamente, un anno e mezzo fa mi sono rotta il legamento crociato sciando e ho così saltato una stagione. L'anno scorso sono tornata alle gare e sono partita bene: è stato il mio anno di maggior successo e sono stata la prima donna a superare i 18 metri.


Che qualità richiede il fierljeppen?

Per raggiungere distanze come quelle, è necessario non solo allenarsi duramente, ma anche avere tanta tecnica oltre alla forza. Bisogna fare tanta esperienza per capire dove si deve migliorare fisicamente e mentalmente e riuscirci. Poi, quando hai tutto ciò, ti servono un sacco di amici per festeggiare i successi e superare le sconfitte con il sorriso.

Anche se in entrambi si usa un'asta e si salta, il fierljeppen è diverso dal salto con l'asta.

E' uno sport che è difficile paragonare al salto con l'asta. L'asta è molto differente. Poi nel salto con l'asta devi correre con l'asta e saltare il più in alto possibile, mentre nel fierljeppen l'asta è lì ferma e l'obiettivo è saltare più lontano possibile.

Fai anche altri sport?

Ho sempre una curiosità per la pratica di altri tipi di sport. Anni fa facevo pattinaggio su ghiaccio ed equitazione. Ora sto provando ad allenarmi per la corsa a ostacoli.


Puntate precedenti sugli sport strani:
15 maggio 2020: cheese-rolling, con Keavy Morgan
5 giugno 2020: bog snorkelling, surf livesaving e hockey subacqueo, con Dineka Maguire
8 giugno 2020: logrolling, con Livi Pappadopoulos

lunedì 8 giugno 2020

Intervista a Livi Pappadopoulos

Due persone sono in piedi su un tronco che galleggia in acqua. Stando ciascuno nella propria metà cercano di muovere il tronco in modo da far cadere l'altro in acqua. Questo strano sport è il logrolling. Ne parliamo con la giovane campionessa mondiale Livi Pappadopoulos.

Livi (a sinistra) in una sfida di logrolling ai mondiali.

Ciao, campionessa. Puoi presentarti ai lettori del blog?

Ciao! Sono Livi Pappadopoulos, campionessa mondiale di logrolling nel 2018 e nel 2019. Ho 19 anni e vivo a Holmen, nel Wisconsin, nel Midwest statunitense. In autunno comincerò l'università, alla Viterbo University a La Crosse, nel Wisconsin.

Come hai cominciato con il logrolling?

La prima volta che ho visto il logrolling, in una piscina al coperto, ero ancora una bambina. C'erano molti professionisti di talento che si allenavano quel giorno. Quando ho visto come parevano forti le loro gambe e come riuscivano a muovere velocemente i piedi sul tronco, ho capito che volevo entrare in questa competizione! Ho preso lezioni per qualche anno e a nove anni ho cominciato a fare delle gare. Quando ripenso alla mia infanzia, molti dei miei ricordi più piacevoli riguardano il logrolling.

Poi sono arrivate le vittorie.

Col passar degli anni, ho cominciato ad allenarmi per diverse ore al giorno e sono diventata molto competitiva. A 16 anni, avevo già vinto cinque mondiali per dilettanti. A 17 anni, mi sono qualificata per il livello professionistico e da allora ho vinto due titoli mondiali professionistici. Sono arrivata prima anche in altri tornei importanti, tra i quali gli Open di logrolling degli Stati Uniti del 2018 e 2019. Il circuito professionistico nel quale gareggio mi ha portato per tutto il paese in tanti luoghi meravigliosi! Da professionista, ho vinto 13 dei 14 tornei riconosciuti dalla US Logrolling Association e da Key Logrolling. La mia vittoria preferita è sicuramente il mio primo successo al mondiale femminile. Era qualcosa che sognavo sin da quando ero una ragazzina ed è stato un giorno davvero speciale passato con gli amici e la famiglia: non lo dimenticherò mai.


Quali sono le doti richieste dal logrolling?

Il logrolling è uno sport che è fortemente basato sull'abilità. Per perfezionarmi, ho trascorso innumerevoli ore sul tronco. Un fraintendimento diffuso riguardo al logrolling è che l'unica componente importante per il successo è l'equilibrio, ma resistenza, velocità, forza e agilità sono molto più importanti al livello da professionisti. Corro molti chilometri ogni settimana, sollevo pesi e ho un personal trainer che mi aiuta per l'agilità. Durante una tipica stagione di logrolling, faccio cinque pasti salutari al giorno.
In gara, devi stare sul tronco più a lungo del tuo avversario e puoi fare quel che vuoi per farlo cadere tranne toccarlo o superare la linea centrale del tronco. A seconda di quanto sono aggressivi i giocatori, le partite possono durare da 2 a 45 minuti.
Ho una grande passione per questo sport e mi è piaciuto vederlo crescere. Negli ultimi anni è diventato molto più popolare negli Stati Uniti. Grazie a un'azienda chiamata Key Log Rolling, i tronchi artificiali per il logrolling hanno aiuto questo sport a farsi conoscere a livello mondiale. Spero di restituire al logrolling quel che mi ha dato allenando giovani studenti e incoraggiando le persone a provarci! Dopo la prima lezione di logrolling vanno via tutti con il sorriso e molti non vedono l'ora di farne un'altra. Lo raccomando caldamente alle persone di tutto il mondo: non rimpiangerete la scelta!


Pratichi altri sport?

Crescendo, ho fatto molti sport e negli ultimi tempi ho fatto gare di sollevamento pesi. Sono arrivata quarta nella mia categoria ai campionati statunitensi e sono stata invitata a far parte della squadra statunitense ai mondiali di estensioni su panca nella Repubblica Ceca. Purtroppo, i mondiali sono stati annullati a causa di Covid-19. Sono convinta che aver praticato altri sport, e in particolare sollevamento pesi, abbia dato un notevole contributo ai miei successi nel logrolling.

Grazie a Livi! Se siete appassionati di sport strani, potete anche leggere, se già non lo avete fatto, le puntate precedenti e attendere le prossime.

Puntate precedenti:
15 maggio 2020: Cheese-rolling, con Keavy Morgan
5 giugno 2020: Pod snorkelling, surf lifesaving e hockey subacqueo, con Dineka Maguire

venerdì 5 giugno 2020

Intervista a Dineka Maguire

Il bog snorkelling è uno sport che consiste nel nuotare con il boccaglio in un canale paludoso di una torbiera. Ora vi chiederete: chi può essere così folle da nuotare in quell'acqua decisamente poco invitante? Beh, per esempio Dineka Maguire, che è stata per ben quattro volte (un record), dal 2010 al 2013, campionessa mondiale di bog snorkelling. Sì, c'è il mondiale di bog snorkelling: si tiene annualmente dal 1985 nella torbiera chiamata Waen Rhydd, nei pressi di Llanwrtyd Wells, che, come avrete capito dalla doppia elle iniziale e dall'apparenza di impronunciabilità, è nel Galles. Il canale in cui si gareggia per il titolo mondiale è lungo 60 yards (55 metri circa) e va percorso due volte. Dineka, che ha conquistato i suoi quattro titoli mondiali giovanissima, tra i 15 e i 18 anni, pratica anche surf livesaving e hockey subacqueo. Quindi oggi avrete tre sport strani in una volta. Ma diamo la parola a questa grande atleta.


Ciao, campionessa. Puoi presentarti ai nostri lettori?

Ciao. Il mio nome è Dineka Maguire e sono stata quattro volte campionessa del mondo di bog snorkelling. Sono cresciuta in un piccolo villaggio della contea di Fermanagh, nell'Irlanda del Nord, dove adoravo fare escursioni e imparare a conoscere la fauna locale. Ora lavoro come consulente per la Greentown Environmental dando indicazioni sui trattamenti per le piante alloctone in Irlanda.

Come sei venuta a sapere del campionato di bog snorkelling e perché hai deciso di gareggiare?

Ho sentito parlare del bog snorkelling da un collega di mia mamma. All'inizio non è che mi avesse colpito, ma più ci pensavo e più mi piaceva l'idea di fare qualcosa di così diverso dal solito. Sono stata fortunata abbastanza da diventare al primo tentativo campionessa di bog snorkelling dell'Irlanda del Nord. La storia parte da qui.

Raccontaci della tue vittorie al campionato mondiale di bog snorkelling.

Al mio primo campionato mondiale di bog snorkelling speravo di piazzarmi tra le prime dieci. A quel tempo pensavo che se mi fossi classificata nella top ten sarebbe stato un gran risultato e l'anno successivo, con l'esperienza fatta, avrei potuto lavorare su quella performance. Con grande piacere ho cominciato con una vittoria e l'anno dopo dovevo difendere il titolo. Un'esperienza mondiale come questa non la dimenticherò mai. Ogni anno è stato speciale come quello precedente e ogni anno è stata un'esperienza unica con differenti sfide e differenti avversarie.


Il Belfast Telegraph celebra le imprese di Dineka

Pratichi anche altri sport, più "classici" o altrettanto insoliti?

In effetti faccio anche attività sportiva più tradizionale. Nel mio cuore, però, ci sono sport che non sono altrettanto comuni.
Al momento faccio sport nautici in un club che ha un gruppo straordinario di ragazze che hanno un gran talento e sono ben allenate. Gareggio anche in sport meno tradizionali come hockey subacqueo e surf livesaving.

Sono un appassionato di sport strani, ma devo ammettere che il surf livesaving non lo conosco. Che cos'è?

Il surf livesaving è uno sport in cui gli assistenti ai bagnanti gareggiano in situazioni che simulano i salvataggi nella vita reale. Ci sono diverse specialità, in piscina e in spiaggia. Quello che mi piace di più è il beach tube rescue. Si fa con una squadra di quattro bagnini. Il primo nuota fino a una boa al largo nell'oceano. Quando il primo raggiunge la boa, il secondo entra in acqua con boa di salvataggio e pinne. Il secondo nuota verso il primo e lo trascina fino alla spiaggia. Vicino alla spiaggia attendono due altri bagnini che portano il nuotatore salvato fino alla linea del traguardo.


Parliamo anche dell'hockey subacqueo.

L'hockey subacqueo è uno sport di squadra in cui si schierano fino a 12 giocatori per squadra. Lo scopo è far finire il dischetto nella porta avversaria che è posta in fondo alla piscina. Il gioco si basa su diverse tattiche e sulla capacità di trattenere a lungo il respiro.


Grazie a Dineka. Per chi se la fosse persa, ricordo che in precedenza ho fatto un'intervista anche a Keavy Morgan, campionessa di cheese-rolling. Cercherò di presentarvi prossimamente altri sport strani.

domenica 31 maggio 2020

Cibo quantistico

La fisica quantistica è sovente menzionata a casaccio da gente con idee fricchettone. Alessandra, per esempio, ci chiede di contattarla per discutere con lei "se i concetti della Fisica Quantistica possono informare il nostro cibo".


Ho quindi provato a immaginare come la fisica quantistica possa "informare il nostro cibo".


Come suggerisce l'amica Anna, però, trattandosi di cibo più che informato dovrebbe essere infornato.



(Episodio del 2014 che oggi Facebook mi ha ricordato)

venerdì 15 maggio 2020

Intervista a Keavy Morgan

Questa puntata della serie Gente in gamba parla di imprese sportive: ho infatti intervistato una ragazza che a soli 19 anni ha già vinto non solo una, ma ben due volte, una competizione di fama internazionale.

Ciao, campionessa. Puoi presentarti ai nostri lettori?

Mi chiamo Keavy Morgan. Sono una ragazza di Brockworth che è un piccolo villaggio nel Gloucestershire. Il pendio dove si fa la gara di cheese-rolling è a circa 25 minuti di cammino da casa mia e guarda dall'alto il nostro villaggio.

Keavy (a sinistra) festeggia la vittoria
con la sua amica Courtney.

Nel caso qualcuno non lo sappia, diciamo in cosa consiste una gara di cheese rolling.

E' letteralmente buttarsi giù da una collina dietro a un formaggio rotondo da 9 libbre. Dopo la gara è tutto un dolore :D
E' un evento tradizionale che credo si faccia da un paio di secoli.

La collina in questione si chiama Cooper's Hill. Dalla cima di un ripido pendio, che è il percorso della caratteristica gara, viene fatta rotolare giù una forma rotonda di formaggio Double Gloucester e i partecipanti, radunati in cima, si lanciano all'inseguimento. In tempi recenti l'evento, a cadenza annuale (quest'anno, però, a causa della pandemia è stato annullato), si è svolto con quattro (in alcuni anni cinque) corse, una delle quali riservata alle donne.

Un sacco di persone di Brockworth hanno partecipato alla gara di cheese-rolling. Così ho deciso di provarci. Ho partecipato per la prima volta nel 2015 e ho vinto il mio primo formaggio, poi nel 2017 e ho vinto il secondo.

Il premio della gara è, appunto, il formaggio che viene agguantato. Ma...

A me non piace il formaggio Double Gloucester, ahahah!

Qui un video della gara del 2017 (Keavy compare a 2:15).
Grazie a Keavy per l'intervista!

mercoledì 29 aprile 2020

Intervista a Paola Panciroli

Per la serie Gente in gamba, questa volta ho intervistato Paola Panciroli (che è anche la terza Miss Scettica ad essere intervistata in questo blog dopo Rosa Contino ed Eleonora Piccinetti).


Ciao, Paola. Puoi presentarti ai lettori del blog?

Buongiorno, sono Paola Panciroli, ho 28 anni e una laurea in filosofia che mi ha aperto la strada nel mondo dell’insegnamento e della divulgazione.
La mia passione per la filosofia è nata intorno ai 16 anni, ascoltando le prime lezioni in classe su Platone. Da quel momento ho deciso di portarla avanti, intraprendendo un percorso all’Università di Bologna che si è concluso nel 2016. I miei studi sono stati dedicati principalmente alla bioetica, alla storia della medicina ottocentesca e alla storia della psichiatria.
Dal 2016 ad oggi mi sono occupata di insegnamento nelle scuole superiori e presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, dove ho collaborato con la cattedra di bioetica dal 2017 al 2019. Mi sono dedicata, inoltre, a numerose attività di divulgazione nell’ambito bioetico, di storia della scienza e della medicina (articoli, recensioni, lezioni, caffè scientifici, attività laboratoriali).


Per Diego Fusaro fare filosofia significa usare paroloni a caso sperando che qualcuno ci caschi e creda che stia dicendo qualcosa di profondo. Per te, invece, cos'è la filosofia?

La formazione filosofica, per quanto oggi tenuta in scarsa considerazione, ha contribuito allo sviluppo di tre importanti aspetti della mia personalità: il pensiero critico e la capacità di vagliare le fonti; l’importanza della dimensione dialogica e della comunicazione, strettamente legate alla mia passione per la trasmissione di contenuti culturali; un approccio diacronico, basato sulla prospettiva storica ed interdisciplinare, a tematiche rilevanti di carattere medico e bioetico.
Questi tre aspetti si ritrovano nella ricerca di taglio storico svolta per la tesi di laurea magistrale, pubblicata in forma divulgativa nel volume 200 anni di omeopatia. Storia di un equivoco?, C1V edizioni, 2017.
Nel testo ho cercato di colmare una lacuna nel panorama storiografico italiano, caratterizzato perlopiù da pochi studi parziali, finalizzati a dimostrare storicamente un’efficacia dell’omeopatia non riscontrabile scientificamente.


Questo è importante ricordarlo: le prove disponibili dicono che l'omeopatia è una bufala.

Com’è noto, l’omeopatia è una pratica medica, non riconosciuta dalla comunità scientifica, fondata tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’’800 dal medico tedesco Samuel Hahnemann. I suoi pilastri sono il principio di similitudine (similia similibus curantur) e quello delle diluizioni infinitesimali. Il primo afferma che per ottenere la guarigione del paziente occorre somministrargli una sostanza in grado di provocare nel soggetto sano sintomi analoghi a quelli della malattia che s’intende curare.
Il secondo principio, invece, afferma che la sostanza curativa deve essere diluita in un rapporto di 1 a 100 con il solvente, per un massimo di 30 volte (limite ampiamente superato da alcuni seguaci di Hahnemann).

Ti sei occupata in particolare della diffusione dell'omeopatia in Italia. Puoi farci un riassunto di queste vicende?

La medicina omeopatica arriva in Italia, precisamente a Napoli, nel 1821. Di fronte agli esiti negativi della sperimentazione napoletana (1829) e delle successive sperimentazioni controllate di Parigi (1834) e di Lipsia (1837-1838), si accentua la diffidenza degli esponenti della comunità scientifica nei riguardi della presunta efficacia dell’omeopatia e dei suoi fondamenti teorici.
Nonostante ciò, la pratica terapeutica continua ad espandersi a macchia d’olio sulla penisola, trovando appoggio da parte di famiglie aristocratiche e ceti popolari. La sua ampia diffusione può essere compresa solo tenendo conto di una molteplicità di fattori.
Da una parte, i limiti della terapeutica allora praticata creano forti diffidenze verso la classe medica, alimentando il ricorso a rimedi alternativi a quelli della medicina accademica, di cui è un esempio il salasso, un metodo dissanguante invasivo e dannoso.
D’altra parte, i concetti di atomo e molecola, alla base della moderna chimica, si affermeranno solo a partire dal 1860, in seguito al Congresso Internazionale dei chimici di Karlsruhe. Se oggi, basandoci sulla costante di Avogadro, possiamo affermare con certezza che all’interno dei preparati omeopatici, oltre la dodicesima diluizione, non rimane nulla, lo stesso non potevano fare i medici della prima metà dell’Ottocento.
L’espansione dell’omeopatia è quindi favorita da alcuni limiti oggettivi (conoscitivi e terapeutici) della medicina accademica, che risultano ancor più evidenti in occasione delle ondate epidemiche di colera.
Ad ogni modo, sul finire del XIX secolo si verifica un ridimensionamento della tanto discussa pratica medica, dovuto alla nascita e allo sviluppo della medicina scientifica e della farmacologia.
Delle numerose smentite ricevute dalla medicina omeopatica nel corso del tempo non sembra tener conto l’attuale legislazione, che, a livello europeo, ha equiparato i preparati omeopatici a veri e propri medicinali, consentendo loro di godere di uno statuto giuridico d’eccezione. Per essere immessi in commercio, infatti, ai medicinali omeopatici non viene richiesta alcuna prova di efficacia terapeutica (si parla di registrazione semplificata).

Fai bene a sottolinearlo: in effetti quello della registrazione semplificata è un privilegio che non ha senso. Se non ci sono prove che siano efficaci, non dovrebbero essere definiti “medicinali”.

Inoltre, non meno problematica è la presenza dell’omeopatia nella sanità pubblica (basti pensare al caso della regione Toscana).
In questo senso, la prospettiva storica adottata può contribuire a chiarire la natura dell’omeopatia, il contesto in cui essa è nata e le ragioni alla base della sua sopravvivenza, oltre a individuare le differenze con la medicina scientifica e il metodo da essa seguito. Lo scopo ultimo rimane quello di rendere le conoscenze storiche strumento utile per muoversi nella società odierna, promuovendo la comprensione di un fenomeno ancora ampiamente presente al suo interno.


Nella foto qui sopra sei a un congresso dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia. Come dice la scritta che si vede sullo sfondo, i valori della Resistenza, della Costituzione, della democrazia, dell'antifascismo sono sempre fondamentali.

La foto è al sedicesimo congresso dell'Anpi (maggio 2016). Un'esperienza per me molto significativa: ho avuto il piacere di essere invitata come relatrice a fianco di figure come Susanna Camusso, Carlo Galli, Raffaele Mantegazza (per citarne alcune).
Ero lì per rappresentare la componente giovanile che porta avanti come propri punti di riferimento i valori dell'antifascismo. L'antifascismo, infatti, rappresenta quell'universo di principi negati dalle dittature e riaffermati nella Costituzione: libertà, uguaglianza, solidarietà, giustizia sociale. La resistenza è stata l'esperienza fondamentale per la loro elaborazione. Se la democrazia è la nostra casa comune, i principi dell'antifascismo rappresentano le fondamenta. Sono veri e propri fari che dovrebbero guidare il pensiero e l'azione non solo dei legislatori, ma di ogni singolo cittadino.


In omaggio al tuo scetticismo (che si può apprezzare nelle tue risposte) e alla tua bellezza (che si può ammirare nelle foto), la pagina di Miss Scettica ti ha attribuito il titolo per il 2017 (l'assegnazione è di questi giorni, ma è stata simbolicamente riferita al 2017, l'anno in cui è stato pubblicato il tuo libro). Cosa pensi di questo riconoscimento?

Ringrazio l’ideatore di questa pagina per avermi eletta (retroattivamente) Miss Scettica 2017. Trovo sia un modo divertente e leggero per comunicare contenuti interessanti e per promuovere la divulgazione scientifica.

Grazie a Paola per questa intervista e per le foto. Se siete utenti di Facebook, date un like alla pagina del suo libro e a quella di Miss Scettica. E ricordate che l'omeopatia è una bufala.





venerdì 10 aprile 2020

La festa rionale dell'omeopatia

Un post di una "scuola di omeopatia" annuncia che oggi è la giornata mondiale dell'omeopatia. Ma, in base ai loro principi, non dovrebbe essere più efficace diluire assai la giornata mondiale e farla diventare una piccola festa rionale?


mercoledì 8 aprile 2020

Il nuovo collaboratore di talento

In un gruppo di Facebook di cui sono uno degli amministratori abbiamo messo un'impostazione che prevede che i post degli iscritti debbano essere approvati da un admin. Facebook segnala che "1 post deve essere approvato".


Beh, "deve" è una parola grossa. Diciamo che può essere approvato se abbiamo voglia. Comunque vediamo un po' di cosa si tratta. Ehi, ma si tratta di un "nuovo collaboratore di talento"!


Chissà che post interessante ci proporrò se, come Facebook ci assicura, Cristiano ha talento. Andiamo a vedere.


Masaru Emoto? Quello che diceva che se le dici belle parole, l'acqua prende forme aggraziate e trasmette positività, mentre se le dici parolacce s'adombra e se la metti nel freezer fa dei cristalli tutti storti?

E vabbè. Uno...

due...


e tre!


lunedì 6 aprile 2020

Psicologia bovina

Gli omeopati mi dicono che la scelta dei rimedi viene fatta in base alla specifica psicologia del paziente. Poi però, nel tentativo non riuscito di far credere che abbia un effetto superiore al placebo, mi dicono pure che è efficace sugli animali, nel caso specifico le vacche. A parte il fatto che non è vero che l'omeopatia è efficace per gli animali, come si conciliano le due cose? Ho posto la domanda e mi è stato risposto "Prima studi". Cosa devo studiare? Psicologia bovina?


I post risalgono al 2018: oggi la funzione "Ricordi" di Facebook me li ha riproposti.

sabato 4 aprile 2020

Questo post è visibile a tutti gli utenti che possono vederlo

I "Ricordi" di Facebook mi rammentano che tre anni fa canzonavo Facebook per un suo utilissimo avviso che mi informava che un post era "visibile a tutti gli utenti che possono vedere questo post" (per chi non lo sapesse, cliccando su "Ricordi" Facebook mostra i post che l'utente ha fatto in quel giorno e mese negli anni passati).


Mi erano quindi venuti in mente un paio di altri avvisi che Facebook avrebbe potuto dare:


E due miei amici avevano dato altri suggerimenti a Facebook:



Qualcuno però aveva posto un ironico dubbio:



domenica 29 marzo 2020

Intervista a Eleonora Piccinetti

Tra i contenuti “sponsorizzati” di Facebook mi è capitato di vedere delle pagine serie e interessanti. E' un caso raro, eh: di solito mi appaiono sciocchezze di naturopatia e pubblicità di vestiti. Però tempo fa mi è apparso un post sui falsi miti dell'alimentazione scritto bene, con competenza e chiarezza (e pure ben fatto dal punto di vista grafico). E' così che ho conosciuto la pagina Dr.ssa Elle, creata dalla nutrizionista Eleonora Piccinetti. Ho pensato quindi di intervistarla per la serie “Gente in gamba” (cliccate qui per vedere tutte le interviste di questa serie).


Ciao, Dottoressa Elle. Vuoi presentarti ai lettori di questo blog?

Buongiorno, sono Eleonora Piccinetti, dietista e nutrizionista. Da sempre il mondo delle diete e dell’alimentazione ha catturato la mia attenzione tanto da influenzare la scelta del mio percorso di studi: ad oggi posso affermare di aver fatto della mia passione un lavoro! Nel mio piccolo cerco di trasmettere, ai miei pazienti e a chi mi segue, i principi di un’alimentazione sana e bilanciata e le corrette nozioni riguardanti la sfera del cibo.


Sull'alimentazione, in effetti, girano un sacco di bufale.

Al giorno d’oggi sul web spopolano tantissime false credenze sul cibo e, purtroppo, se non si hanno delle conoscenze di base a riguardo, è facile lasciarsi abbindolare dalle bufale circolanti. La più recente, ad esempio, riguarda il papabile ruolo della vitamina C nella prevenzione e cura della sindrome da Coronavirus: nulla di più falso. Ci tengo a sottolineare che ad oggi non ci sono evidenze scientifiche che dimostrino questa correlazione. Tornando a noi, mi capita molte volte di riflettere sui falsi miti circolanti e quello che noto è che spesso e volentieri si tende ad osannare o a demonizzare un determinato alimento: “l’ananas è miracoloso, brucia i grassi” oppure “mangiare carboidrati a cena fa ingrassare”. Per quanto mi riguarda, sono dell’idea che nessun alimento debba essere esaltato o escluso a priori dalla dieta: tutti gli alimenti possono entrare a far parte di un piano alimentare sano ed equilibrato nelle giuste frequenze e porzioni.

Eleonora in versione fumettistica
nella sua pagina di Facebook

Per esempio c'è chi sostiene che lo zucchero di canna è più salutare rispetto allo zucchero bianco. Cosa dice l'esperta?

Spieghiamo come stanno le cose. Sì, tra le tante bufale, mi è capitato di leggere anche questa. Purtroppo devo informarvi che nessuno studio ha mai provato che lo zucchero di canna apporti più benefici dello zucchero bianco. E, se vogliamo mettere il dito nella piaga, apportano anche le stesse calorie. Quindi, se non riuscite a farne a meno, utilizzatelo con moderazione ma poco conta se di canna o bianco.


Un caso un po' più di nicchia: le bacche di goji. Alimento miracoloso, come dicono alcuni, o una moda da fricchettoni?

Questi piccoli frutti vantano da sempre la fama di racchiudere al loro interno molte proprietà nutrizionali e fitoterapiche, alcune delle quali dimostrate mentre altre probabilmente sopravvalutate. Sicuramente, al pari di molti altri frutti, svolgono una funzione antiossidante, dal momento che contengono vitamine e altri composti in grado di proteggere dallo stress ossidativo. Purtroppo, però, si fa spesso leva sul loro presunto ruolo dimagrante, anti-aging e antitumorale: gli studi ci dicono che non vi è alcuna prova attendibile che le bacche di goji apportino i suddetti benefici per la salute. In linea generale, le ricerche fatte a riguardo presentano varie criticità: prendono in considerazione un numero esiguo di persone, spesso vengono fatte in vitro, le concentrazioni e il dosaggio del prodotto utilizzato non sono ben specificati e i risultati sono talvolta contraddittori.


Torniamo a te. O a você, visto che sei mezza brasiliana.

Si, mia mamma è di Salvador de Bahia.
Bahia per me è come una seconda casa, appena posso trascorro le mie vacanze lì insieme alla mia famiglia. Adoro lo spirito e la positività che trasmettono i bahiani, davvero contagiosa. Non c’è nulla di più rilassante del fare una passeggiata nelle lunghissime spiagge incontaminate e fermarsi ogni tanto nei chioschetti ad assaggiare il caranguejo (granchio), tipico della zona.


Dal Nordeste brasiliano torniamo in Italia. Anzi, a Miss Italia.

A 18 anni ho partecipato alle selezioni di Miss Italia, un po’ per gioco, un po’ per cercare di cogliere un’opportunità in tempi non troppo facili lavorativamente parlando. Non sono arrivata al grande schermo ma quest’esperienza mi ha insegnato da un lato a superare le mie paure e dall’altro a dare il massimo nella vita in generale, ed oggi sono qui, fiera del percorso che ho scelto e di portarlo avanti al meglio delle mie possibilità.


Hai partecipato alle selezioni di Miss Italia, ma soprattutto sei stata eletta al ben più importante titolo di Miss Scettica 2020. Cosa ci dici di questo tuo successo?

Ringrazio l’ideatore di questa pagina per avermi eletta Miss Scettica 2020. Sono molto entusiasta di questo titolo e grata di continuare a trasmettere a chi mi segue dei contenuti interessanti e di valore.


A proposito di pagine Facebook, ricordiamo che, come accennavo all'inizio, hai una tua pagina, Dott.ssa Elle.

La mia pagina Facebook nasce con l’intento di trovare una risposta alle domande che solitamente le persone si pongono nel momento in cui pensano al cibo o alla nutrizione più in generale. I contenuti che pubblico, di fatti, spaziano in vari ambiti: troviamo ricette, idee e spunti per i propri pasti, consigli per la spesa e nozioni teoriche. Attraverso i miei post vorrei trasmettere la passione per la sfera del cibo e contribuire a diminuire la disinformazione che spesso è presente in questo campo.

Grazie a Eleonora per questa intervista. Se siete in Facebook, vi suggerisco di seguire gli interessanti post di Eleonora e di mettere un like alla sua pagina.