domenica 9 novembre 2014

Omeopazzia

In un gruppo di Facebook dedicato all’omeopatia tempo fa ho ricordato che la revisione sistematica di Shang et al. ha mostrato che il presunto effetto dell’omeopatia di fatto è l'effetto placebo.
Invece che ringraziarmi per aver fatto loro conoscere uno studio essenziale sull'argomento in questione, tre utenti si sono inquietati.

Uno si è messo addirittura a scrivere post di insulti. In effetti accade spesso che i sostenitori delle pesudomedicine "dolci" abbiano reazioni aspre: sono tutti peace & love & namastè, ma appena si toccano i loro dogmi mostrano un'indole assai iraconda. Dante fu profetico quando immaginò Filippo Argenti che, diluito nell'acqua, faceva una succussione alla barca su cui navigava con Flegias e Virgilio.

Un altro ha giudicato che la mia vita dovesse essere molto triste e che mi sentissi solo. Anche se in contrasto con il raziocinio, è una risposta che viene data spesso dai sostenitori di pseudoscienze. Forse per loro gli assurdi sistemi cui credono sono come una religione e quindi pensano che non possa esservi felicità per chi non ha la fede e che, senza un dio diluito e succusso al fianco, l’uomo debba sentirsi abbandonato.

Ma non ragioniam di lor, per restare danteschi (come è noto, la Commedia dice “non ragioniam di lor, ma guarda e passa”, anche se il primo emistichio è con frequenza superiore anche superiore all'originale citato come “non ti curar di lor”). Ragioniam, invece, del terzo, che, per dire che lui ne sa e io no, presenta i suoi titoli:


E, visto che c’è, sbandiera pure i titoli altrui accusandomi di ignoranza perché esprimo opinioni diverse da quelle di un suo mentore:


Vabbè, ci sono persone con titoli anche molto maggiori del chimico farmaceutico omeopata e del suo mentore che sono sostenitori dell'omeopatia: c'è addirittura un premio Nobel per la medicina, Luc Montagnier. D'altra parte ci sono pure, e anche più, scienziati inclusi premi Nobel che ritengono l’omeopatia pura e semplice pseudoscienza. Il punto è però che, con buona pace del chimico omeopata, quel che va mostrato non sono i titoli, ma le prove. E le prove a favore dell'omeopatia continuano a mancare.

Per inciso, il concetto di "essere titolato" dal punto di vista del chimico omeopata è un po' tautologico:


Insomma, per definizione chi non crede all'omeopatia non è "titolato" a parlarne e non conosce l'argomento e viene classificato come uno che "difende a spada tratta un ambito di convenzionalità" ("un ambito di convenzionalità"? O.o ... ma LOL!).

Già, ma come la mettiamo con il fatto che la revisione sistematica di Shang et al. ha avuto come esito che i risultati dell'omeopatia sono gli stessi del placebo? Il chimico omeopata risponde rivelando, per usare le sue stesse parole, una "non conoscenza imbarazzante" delle revisioni sistematiche che riguardano la sua amata omeopatia.


Questa affermazione, fatta da un fan dell'omeopatia, è un epic fail. Infatti, la revisione del 1997 (la prima di Linde et al.) era, sia pur con molta cautela, favorevole all'omeopatia! ("The results of our meta-analysis are not compatible with the hypothesis that the clinical effects of homoeopathy are completely due to placebo. However, we found insufficient evidence from these studies that homoeopathy is clearly efficacious for any single clinical condition.") Tale verdetto è però da mettere in discussione, non tanto per la data, ma per i criteri adottati. Già quando fu pubblicata, furono fatte delle critiche perché la revisione includeva trial di qualità non ritenuta soddisfacente che potevano falsarne le conclusioni. Successive revisioni (lo stesso Linde, che a differenza del chimico omeopata, non aveva l'obiettivo di difendere il dogma diluito a tutti i costi, ma di studiare la questione, si rimise al lavoro) mostrarono che, usando criteri più restrittivi sulla qualità, i risultati si assottigliavano. Si arrivò quindi alla revisione di Shang et al. citata all'inizio: una selezione dei trial sull’omeopatia meglio fatti e un confronto con i risultati della medicina che gli omeopati chiamano “allopatica” mostrò che, mentre i farmaci veri davano risultati visibilmente superiori al placebo, quelli dei rimedi omeopatici erano di fatto uguali.

Dunque il chimico omeopata aveva casualmente detto il vero quando diceva che la revisione del 1997 (che erroneamente credeva essere del tutto negativa per l’omeopatia) era da rivedere e che ne serviva una più recente: quella più recente (anche se il problema, come si è detto, non erano tanto le date) è arrivata ed ha spazzato via le pretese omeopatiche.

Per il chimico omeopata i risultati più recenti spazzerebbero via però la  revisione sistematica di Shang et al. e ogni dubbio sulla validità della magia diluito-succussa:


Anche se il chimico omeopata non ha dato indicazioni più precise, neppure quando gli è stato richiesto, pare che si possano identificare con sicurezza a quali tre articoli si riferisce.

Il primo ("Ameliorating effect of mother tincture of Syzygium jambolanum on carbohydrate and lipid metabolic disorders in streptozotocin-induced diabetic rat: Homeopathic remedy", Journal of Natural Science, Biology and Medicine, 2013 Jan-Jun, 4 (1): 68-73) riferisce di un esperimento fatto su sei ratti resi diabetici ai quali è stata somministrata tintura madre dell'erba citata nel titolo. Al di là di ogni osservazione sull'efficacia di tale erba, è evidente comunque che l’eventuale efficacia di una tintura madre non implica quella dei preparati basati sulla diluizione di essa (tra l'altro la succussodiluizione dovrebbe dare, secondo le sacre norme omeopatiche, l'effetto opposto a quello della sostanza non diluita). Anzi, una critica fondamentale che si muove all'omeopatia è relativa proprio alla diluizione, spinta persino oltre al punto in cui non resta neppure una molecola del principio attivo: non vi è più nulla dunque che possa produrre un qualunque effetto (a meno di non ricorrere ad astruse idee come quella della "memoria dell’acqua"). Inoltre, come può un singolo esperimento su soli sei ratti pesare di più di tutti gli studi presi in esame da Shang et al.?

Per quel che riguarda il secondo articolo (quello che dal chimico omeopata è citato come "Aubri e colleghi del 2013", anche se per essere pignoli è Aubry con Y, "Early udder inflammation in dairy cows treated by a homeopathic medicine (Dolisovet®): a prospective observational pilot study", Homeopathy, Volume 102, Issue 2, Pages 139-144, April 2013), sono addirittura gli autori stessi a dire che non si tratta di uno studio rigoroso! Loro stessi infatti lo definiscono "A prospective, uncontrolled, observational pilot study". Uno studio non controllato potrà magari dare uno spunto per ricerche successive, ma ovviamente non dà alcuna garanzia: ci vogliono (e, ancora, lo dicono gli stessi autori) "randomised, controlled studies". Insomma, è evidente che questo articolo non solo non può capovolgere i risultati della revisione sistematica di Shang et al., ma non ha neppure i criteri (per ammissione degli stessi autori) per essere preso in considerazione in una eventuale futura nuova revisione. Che una persona che pure dovrebbe avere un po' di dimestichezza con le pubblicazioni scientifiche lo porti come una prova che può capovolgere il responso di una puntigliosa revisione sistematica lascia quindi perplessi e mostra quanto possono essere forti i bias personali in materia di omeopatia e quanto sia necessario essere attenti e rigorosi nel valutare le affermazioni dei suoi fan.

Il chimico omeopata, ad una mia obiezione su altra questione, aveva risposto che i rimedi omeopatici si danno "ad Personam e non ad morbum", ovvero non si danno puramente in relazione al male da curare ma ad un esame generale ("olistico", come alcuni amano dire) del paziente. Ora però mi cita due ricerche che hanno avuto come soggetti ratti e vacche. Avranno studiato la personalità dei ratti e delle vacche coinvolti nello studio prima di dar loro i rimedi? O.o


Possiamo invece essere d'accordo con il chimico omeopata quando scrive che la mancanza del bugiardino dovrebbe essere un indizio ulteriore per avvallare, ovvero buttare in un torrente facendoli andar giù a valle, i rimedi omeopatici diluiti in acqua (tanto sono acqua e quindi non inquinano neppure) che non è possibile invece avallare.

Il terzo articolo citato è "A randomized placebo-controlled pilot study of Cat saliva 9cH and Histaminum 9cH in cat allergic adults" (Homeopathy, volume 102, issue 2, Pages 123-129, April 2013) di Prenitha Naidoo e Janice Pellow (quindi, per essere pignoli, il chimico omeopata avrebbe dovuto scrivere “e collega”, al singolare, e non “e colleghi” al plurale). In breve, hanno scelto 30 persone positive a un test di allergia ai gatti e hanno dato loro due rimedi omeopatici con saliva di gatto in diluizione 9 CH (e in fondo l'ultradiluizione può essere un vantaggio: non mi pare una grande idea ingurgitare qualcosa in cui ha sbavato un gatto). Prima dello studio e al termine ai soggetti era fatto un test sull'allergia e, secondo gli autori, i soggetti che avevano preso i rimedi mostravano un significativo miglioramento, mentre in coloro che avevano assunto un placebo non si vedevano grandi variazioni. Anche in questo caso ci si può chiedere come un singolo studio su 30 soggetti possa capovolgere i risultati di una revisione sistematica condotta su 110 studi con una mediana di 65 partecipanti ai trial e un range da 10 a 1573.

Ha scritto il medico e divulgatore scientifico Ben Goldacre nel suo libro Effetti collaterali (pag. 30): "Se un ricercatore o un medico «scelgono a piacimento» quando riassumono le prove esistenti, e considerano soltanto i trials che sostengono la loro intuizione, possono produrre un quadro fuorviante della ricerca". Il chimico omeopata cita quei tre perché riflettono le sue idee, ma ovviamente Tizio potrebbe citare altri tre articoli che dicono l'opposto, e poi Caio potrebbe citarne altri tre che danno ragione al chimico omeopata, e Sempronio altri tre che gli danno torto, e così via... E’ quello che in gergo viene chiamato cherry picking: come, tra le tante, si prendono le ciliegie che appaiono più appetitose, così tra i tanti studi se ne coglie qualcuno che conferma la propria idea. Come si esce da ciò? Lo lascio ancora dire da Goldacre (cito lui, ma ovviamente non è solo lui a dirlo: è un’idea centrale della medicina basata su prove): con la revisione sistematica, ovvero "una rassegna chiara e, appunto, sistematica della letteratura" (ed è per questo che citavo al chimico omeopata la revisione di Shang et al.). La revisione, se è fatta bene, non sceglie le ciliegine preferite, ma cerca di trovare tutto, lo pesa, trae le conclusioni.

Il chimico omeopata non ha risposto a queste obiezioni. Il suo dogma omeopatico era ben saldo e i miei dubbi erano solo "eresie" (LOL!). Anzi, a suo parere, esprimere dubbi sulla validità dell'omeopatia è addirittura un reato da denunciare (ROTFL!), come si vede in questo spassoso post diretto all'amministratore del gruppo:



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